L’Esposizione internazionale del Sempione

Sezioni della mostra

I. Il traforo del Sempione
Il traforo del Sempione rappresentò una delle grandi sfide dell’inizio del secolo XX e, al contempo, un laboratorio di ricerca e innovazione tecnologica riguardante la tecnica di scavo, l’organizzazione del lavoro, la salubrità degli impianti. Il progetto a due canne parallele, ideato dall’ingegnere del genio militare svizzero Jules Dumur nel 1891, e applicato dagli ingegneri Alfred Brandt e Karl Brandau, titolari dell’omonima azienda mineraria di Amburgo, consisteva nel realizzare una galleria principale a sezione normale, mentre la seconda serviva da cunicolo di servizio. Ogni duecento metri una galleria trasversale collegava i due tunnel di avanzamento.
Il fronte dell’escavazione procedeva, con turni di otto ore, mediante una batteria di quattro perforatrici Brandt montate su carrello che praticavano i fornelli da mina per far saltare la roccia con la dinamite. Dietro questo fronte d’attacco l’allargamento delle gallerie veniva fatto manualmente scavando, con punta e mazza, pozzi verticali nel soffitto e unendoli a formare una calotta continua. Le squadre di carpentieri applicavano poi le armature in legno per permettere ai muratori di procedere al rivestimento murario del tunnel.
Erano circa cinquemila le maestranze, tutte italiane, simultaneamente addette all’opera nei due cantieri di Briga in Svizzera e di Iselle in Italia. L’innovazione della doppia galleria alleviò solo in parte le durissime condizioni di lavoro: alte temperature, inondazioni prodotte dal continuo irrompere di forti sorgenti, anche molto calde, enormi pressioni che producevano cedimenti e frane.
Al calore presente nei cunicoli si cercò di sopperire mediante l’impiego di inediti sistemi di ventilazione forzata. Più complesso fu affrontare i problemi di ordine geologico. Contrariamente al durissimo gneiss d’Antigorio che avrebbe dovuto caratterizzare tutto il tracciato, lo scavo incontrò zone di terreno calcareo e franoso che le infiltrazioni d’acqua trasformavano in una fanghiglia inconsistente. Di qui la necessità di utilizzare pesanti quadri di sostegno in ferro attorno a cui formare gallerie blindate con pareti di pietra spesse due metri.
Il traforo vide avvicendarsi nei cantieri 25.000 operai durante sette anni e mezzo di lavoro, dal 1898 al 1905. Fu inaugurato ufficialmente dal presidente della Confederazione Svizzera Louis Forrer e dal re d’Italia Vittorio Emanuele III il 19 maggio 1906.


II. A volo d’uccello: il Parco Sempione
“La città bianca”, questo da subito fu il nome con in quale venne ribattezzata L’Esposizione internazionale internazionale del Sempione. In effetti la gran parte degli immaginifici edifici realizzati per gran parte dagli architetti milanesi di maggior successo del tempo, aveva questo colore. Questo fatto, unito alla straordinarietà dell’impresa – la realizzazione di una edificazione così imponente in brevissimo tempo – ci fa comprendere quale sorpresa dovette cogliere i milanesi. L’ingresso principale dell’Esposizione era collocato all’estremità orientale di Foro Bonaparte in via Gadio dove un grande complesso progettato dall’architetto Sebastiano Locati accoglieva il pubblico facendolo transitare attraverso una ricostruzione del traforo del Sempione, che veniva richiamato anche dall’architettura. Da lì i padiglioni, in un confronto di forme che rappresentavano il rinnovamento stilistico dell’epoca, riempivano tutto il parco dal Castello all’Arco della Pace, in un susseguirsi che rappresentavano una straordinaria esperienza come raccontano i cronisti dell’epoca. Uno grande sforzo creativo e di lavoro concreto destinato a breve vita, giacché la maggior parte degli edifici, erano destinati a durare solo fino al termine dell’esposizione e cioè sei mesi.


III. A volo d’uccello: la Piazza d’armi
Alla conclusione della prima parte del percorso, nei pressi dell’Arco della Pace si continuava in treno su una linea ferroviaria sopraelevata a doppio binario che correva sulla città per 1220 metri e che si concludeva nella piazza che oggi si chiama 6 febbraio ai margini della Piazza d’armi. Qui si dipanava l’area più merceologica, dominata dal grande faro Salmoiraghi che sormontava l’edificio della Marina militare. Dedicata in generale soprattutto alle attività produttive, ad animare questa grande area, destinata successivamente a diventare quella della Fiera campionaria, vi era la zona dell’aeronautica, dominata dalle grandi mongolfiere, e le zone esotiche come il villaggio eritreo.


IV. I trasporti ferroviari
Tema principale dell’Esposizione, le mostre ferroviarie allestite a Milano nel 1906, con oltre cinquecento unità esposte tra locomotive, automotrici a vapore ed elettriche, tranvie, vagoni, carri merci, carri frigoriferi, è la più importante manifestazione di questo settore nella prima metà del XX secolo. I treni, il materiale rotabile, gli impianti, i progetti che tutte le nazioni e le principali aziende europee esponevano sono presentati all’interno e all’esterno di due vastissimi padiglioni sul lato occidentale della Piazza d’armi, collegati da binari alla vicina Stazione di Milano-smistamento situata tra le vie Buonarroti e Mario Pagano. Le mostre si snodavano lungo 25km di binari e di banchine, sei dei quali coperti. Una particolare attenzione era riservata alla linea, alle motrici a vapore ed elettriche, alle vetture, agli impianti di trazione e segnalazione della linea del Sempione e alle sue Stazioni dall’architettura ispirata agli chalet del Vallese. Espongono giganti del trasporto ferroviario come la compagnia PLM (Paris-Lyon-Marseille), che presenta la propria locomotiva a grande velocità PLM 2606 di undici metri di lunghezza e 65 tonnellate di peso. Tra i grandi costruttori riconosciamo la Hannover Maschinenband-Linden con la sua macchina da 1500 cavalli in grado di raggiungere i 140 km/h. A fronte della trazione a vapore, giunta ormai con il suo gigantismo al massimo delle sue possibilità, si presenta in forze la nuova tecnologia della trazione elettrica, di cui la rete italiana è una antesignana. I primi test con corrente continua sono stati fatti dalla Società Adriatica sulla linea Milano-Varese-Porto. Ma il sistema vincente sono i locomotori a corrente trifase dell’azienda ungherese Ganz, applicato sulle linee della Valtellina e poi nel tunnel del Sempione. Accanto alle locomotive Ganz la Siemes-Suckeryt di Berlino espone il suo locomotore a corrente trifase a 12.000 volt detentore del record di velocità ferroviaria di 200 km/h e la AEG presenta un’automotrice per la ferrovia di cintura di Amburgo funzionante a corrente monofase, come era monofase a Milano la ferrovia elettrica sopraelevata che collegava i padiglioni del Parco Sempione e quelli della Piazza d’armi. Per la neonata azienda delle Ferrovie dello Stato, costituitasi nel 1905, l’Esposizione di Milano rappresenta la vetrina internazionale del suo programma di elettrificazione e di sviluppo della rete italiana, a partire dalla costruzione della linea dei Giovi tra Genova, Milano e l’Europa. A Vado Ligure, presso Savona, viene inaiugurato nrel 1906 il primo stabilimento al mondo per la costruzione di locomotori elettrici. Un altro grande progetto ferroviario stimolato dall’Esposizione del 1906 è la realizzazione di una grandiosa nuova Stazione passeggeri, di cui re Vittorio Emanuele III pone la prima pietra: è situata a circa un chilometro verso la periferia rispetto dalla vecchia stazione e prevede vie di accesso su chilometri di viadotto. La sua costruzione sarà portata a termine solo vent’anni più tardi. Si aprono invece nel 1902 i cantieri della nuova Stazione di Milano-smistamento a Lambrate e di un nuovo scalo merci a nord della città, nelle vicinanze del Cimitero Monumentale.


V. Automobilismo
Una delle mostre più di successo dell’Esposizione del Sempione è quella dedicata all’automobilismo e al ciclismo. Nel 1906 l’automobile ha già ampiamente dato la dimostrazione di potere uscire dall’ambito sportivo e diventare un mezzo di trasporto di massa, esattamente come era avvenuto per la bicicletta. Se l’idea originaria dell’Esposizione del Sempione era di festeggiare l’industria dei trasporti ferroviari e delle linee di navigazione, il ruolo che ha assunto di colpo l’industria automobilistica in Italia, e in particolare a Milano, impone di mettere l’accento su questo settore pieno d’avvenire allestendo una mostra di grande impatto. È un vero e proprio Salone internazionale dell’automobile quello allestito nella galleria centrale del padiglione delle Mostre temporanee in Piazza d’armi. Si estende per centocinquanta metri di lunghezza con una superficie espositiva di più di diecimila metri quadrati. Sulla facciata dell’edificio grandi finestre circolari evocano ruote, mentre all’interno lo sguardo spazia su una copertura a centine metalliche di stile industriale. Lungo la galleria centrale gli stand dei costruttori e dei carrozzieri, nelle due gallerie laterali le ditte di accessori per auto e le mostre delle case costruttrici di cicli e motocicli. Espongono 240 case costruttrici di tutto il mondo: 87 francesi, 80 italiane, 27 tedesche, 19 belghe, 13 inglesi, 11 austriache, 9 svizzere più ditte statunitensi, svedesi e norvegesi. L’industria transalpina, allora in testa alla produzione mondiale, era rappresentata da Clément, Peugeot, Richard, De Dion, Renault Frères e Serpollet. Tra i produttori tedeschi Mercedes Benz, Daimler e Continental. Una delle più reputate case svizzere era la Sulzer, la grande azienda di Winterthur che aveva prodotto le perforatrici, le pompe e tutti i macchinari impiegati nel traforo del Sempione. L’Esposizione segna la consacrazione sul piano internazionale dell’industria automobilistica italiana, una giovane industria competitiva sul piano tecnico tanto quanto frammentata in un gran numero di costruttori: Fiat, operante da sette anni è la veterana. Sulle sue orme sono nate Itala, Rapid, Aquila a Torino; Isotta Fraschini, Bianchi, Türkheimer, Prinetti Stucchi a Milano; Züst a Intra; Spa a Brescia; San Giorgio a Sestri Ponente; Camona-Giussani-Turinelli a Sesto San Giovanni, specializzata quest’ultima in auto elettriche; Marchand a Piacenza, Florentia a Firenze. Una della attrazioni della mostra sono le vetturette con motori molto più contenuti rispetto alle mastodontiche granturismo ispirate ai modelli da competizione. È un’altra prova della democratizzazione di questo settore produttivo. Se la Mercedes insiste nella gamma di motori da 35 a 70 cv, Renault – vincitrice nel 1905 della Ventiquattro ore di Le Mans – presenta modelli con motori da 10-14 cv e l’italiana Otav una vetturetta del peso di soli 200 kg e un motore da 4cv. Il motore a benzina non ha tuttavia scacciato le automobili elettriche o a trazione mista, le cosiddette “termoelettromobili” o “benzoelettriche”, per il mercato del trasporto pubblico e delle vetture da città. Nel campo dell'”automobilismo sociale”, in particolare, la rivelazione dell’Esposizione sono le agili vetture della Filovia elettrica, con sistema a trolley di alimentazione aerea. Sono prodotte dalla ditta milanese Frigerio e trasportano i visitatori dell’Esposizione avanti e indietro lungo il perimetro della Piazza d’armi. Del resto, il vincitore del concorso speciale bandito dall’Esposizione per un sistema di omnibus automobili è la filiale italiana della Serpollet con la sua vettura per venti persone azionata da un motore a vapore da 20-25 cv con fornello a petrolio. Nel settore degli accessori domina il nuovo pneumatico morbido da corsa del tipo à semelle brevettato dalla Michelin di Clermond-Ferrand. Alla Coppa d’oro, la gara di resistenza da Milano a Napoli organizzata in occasione dell’Esposizione, sei delle quindici case automobilistiche partecipanti montano pneumatici Pirelli. Un padiglione vicino ospitava la Mostra stradale sulle nuove tecniche di costruzione e pavimentazione e una strada sperimentale di otto metri di larghezza con differenti sistemi di rivestimento: lastre di cemento, di granito, asfalto, ciottoli. Era corredata di marciapiedi, lampioni elettrici, binari del tram, tombini e percorsa avanti e indietro da macchine schiacciasassi, spazzaneve, innaffiatori igienici e altri mezzi stradali in mostra.


VI. Aeronautica
L’Esposizione del Sempione presenta per la prima volta una Sezione dedicata al trasporto aereo, ossia ai palloni aerostatici e dirigibili e anche progetti di mezzi di trasporto più pesanti dell’aria, ancora un sogno questi ultimi, visto che sono passati solo due anni da quando Orville Wright ha brevemente volato sul campo di Kitty-Hack. All’Esposizione del 1906, la sezione di Aeronautica si estende sull’area meridionale della Piazza d’armi, presso l’attuale via Buonarroti, e comprende una Mostra dell’industria dei trasporti aeronautici e un Campo aeronautico. Lanci di palloni e aquiloni a scopo meteorologico e come base di partenza per gare a inseguimento tra aerostati e automobili. La mostra è allestita in un suggestivo padiglione a forma di hangar per palloni aerostatici e presenta la più recente produzione in materia di materiali (tele gommate per dirigibili, cordami, vernici), di progetti di dirigibili e modelli di macchine per volare con motori a vapore, a pedali, ad ala battente. Segue una sezione importante di motori leggeri per aviazione e infine una parte dedicata alla produzione e uso dell’idrogeno. Sul Campo aeronautico si svolgono esercitazioni con palloni frenati, lanci aerostatici e gare a inseguimento tra palloni e automobili, con una continua richiesta di idrogeno che in certi giorni arriva anche a 2.400 metri cubi all’ora. Provvede al rifornimento la società Union des Gaz con una tubazione collegata al gazometro di via Arzaga, al Lorenteggio, e con un impianto chimico a quattro gruppi di generatori di idrogeno funzionante in base alla reazione dell’acido solforico diluito su ferro. Nella mostra dedicata ai motori per aviazione spiccano i propulsori alleggeriti per dirigibili e aeroplani. A produrli sono case automobilistiche di Milano come Isotta Fraschini e Edoardo Bianchi e progettisti come Alessandro Anzani, anch’egli milanese ma trasferitosi in Francia. È con un motore Anzani da 22-25cv e del peso di 300 kg che Louis Blériot il 25 luglio 1909 riuscirà ad attraversare la Manica coprendo la distanza da Calais a Dover a una velocità media di 58 km orari. I primi dirigibili a motore Zeppelin e Lebaudy che da qualche anno volano in Europa e per i quali era stata costruita sul Campo aeronautico una serie di hangar, sono i grandi assenti dell’Esposizione del 1906. Anche l’Italia, realizzato a Vicenza dal conte Almerico da Schio, e che era annunciato, all’ultimo momento manca all’appello. Ma il 1906 segna l’inizio a Milano delle ricerche dell’ingegner Enrico Forlanini e del capitano del genio Cesare Dal Fabbro che in due anni porteranno alla costruzione di dirigibili a struttura rigida, il primo battezzato Leonardo da Vinci e il secondo Città di Milano. Il risalto dato dall’Esposizione del 1906 all’aeronautica ha dunque un ruolo nella nascita nella Lombardia di allora di imprese e progetti in questo settore. Tre anni dopo Brescia ospiterà un Circuito aereo e Milano ne ospita nel 1910 un secondo, incentrato sulla sfida, vinta dal pilota peruviano Geo Chavez su un monoplano Blériot, di trasvolare le Alpi sorvolando il passo del Sempione.


VII. Lavoro, Igiene, Previdenza
Questa sezione documenta le mostre presentate nella Galleria del lavoro, e nei padiglioni consacrati all’Igiene, alla Previdenza oltre che nello speciale padiglione realizzato dalla Società umanitaria, l’associazione di cultura operaia creata a Milano alla fine del XIX secolo grazie alla Fondazione Moisé Loria e votata all’emancipazione delle classi lavoratrici e all’organizzazione di scuole di formazione professionale.
L’Esposizione del 1906 ribattezza “Galleria del Lavoro” quella che in tutte le precedenti esposizioni universali ottocentesche era la “Galleria delle macchine”. Tanto i motori primi, a vapore o elettrici, quanto le macchine utensili sono infatti esposti insieme alle concrete attività produttive a cui servono e agli addetti che le azionano. La Galleria del lavoro offre così al visitatore non una serie di innovazioni e di macchine isolatamente considerate, ma i processi di produzione e le diverse tipologie professionali del lavoro industriale. Nel settore dedicato alle Arti grafiche, per esempio, veniva composto e stampato ogni giorno il giornale dell’esposizione, così come erano presentati in attività i nuovi forni elettrici che producevano il pane per tutti i ristoranti e le buvette dell’Esposizione. In un padiglione accanto, dedicato alle Arti seriche italiane, erano riprodotte le varie fasi della lavorazione della seta, dall’allevamento dei bachi fino alla stampa dei tessuti, con l’impiego di operaie nei costumi tipici del Lago di Como.
Un altro padiglione a carattere sociale era quello dell’Igiene. Anche in questo campo il cantiere del Sempione aveva fatto scuola, introducendo per la prima volta su larga scala severe misure di igiene e profilassi per impedire il diffondersi delle malattie infettive. L’Esposizione rispecchiava questa esperienza di successo concentrando l’interesse soprattutto sul lato industriale dell’igiene: docce e servizi igienici nelle fabbriche, sistemi antinfortunistici, uso di pavimenti igienici in linoleum, di filtri e di apparecchi di aspirazione delle polveri e dei fumi nelle officine e nei depositi. In concomitanza con l’Esposizione si tiene in giugno il primo Congresso internazionale per le malattie professionali, organizzato da Luigi Devoto, che cinque anni più tardi dirigerà a Milano la prima Clinica del lavoro.
L’Esposizione del 1906 consacra per la prima volta un intero padiglione all'”arte sociale” della Previdenza: dalla lotta contro la disoccupazione alle assicurazioni e ai sistemi di pensione, dalle cooperative di consumo e per la casa fino all’istruzione per adulti e alle casse di risparmio. Questo padiglione è lo specchio della politica di solidarietà di cui Milano era teatro nel primo Novecento. Tra gli espositori figuravano in prima posizione la Società Cooperativa di consumo, leader italiano del settore, la Cassa di risparmio delle province lombarde, l’Ufficio del lavoro della Società umanitaria e le sue scuole di qualificazione professionale per operai e operaie. Nel padiglione della Società Umanitaria erano esposti i progetti del nuovo quartiere di case popolari di via Solari, fiore all’occhiello dell’Umanitaria, e le proposte per l’arredamento di appartamenti operai.
Partner molto attivo dell’Esposizione, la Società Umanitaria aveva ispirato anche il bando per un concorso a premi per uno studio sui metodi più efficaci di lotta contro la disoccupazione e un congresso sui problemi della disoccupazione. In concomitanza con il quale si costituì in settembre a Milano la Confederazione generale italiana del lavoro, il primo sindacato unitario italiano.


VIII. Immagini dalla mostra La scienza, la città, la vita. Milano 1906: l’Esposizione internazionale del Sempione, Galleria delle scienze dell’Università di Milano – Bicocca, Milano, 26 maggio – 30 giugno 2006
“La mostra La scienza, la città, la vita ha il merito di richiamare alla mente dei milanesi, e non solo alla loro, quell’Esposizione internazionale del 1906 che giaceva, un po’ dimenticata, tra i grandi eventi europei dell’inizio del secolo. Una rassegna che ci apre infatti un improvviso squarcio su luoghi, immagini, eventi e riflessioni che riportano a un tempo pieno di ottimismo e buona volontà. In un’Italia che emergeva da eventi luttuosi e difficili, l’Esposizione sembrò tracciare la strada per un futuro di progresso, sia pure tra le mille contraddizioni di un secolo terribile.” (Luigi Roth, Presidente della Fondazione Fiera Milano, Prefazione al catalogo della mostra La scienza, la città , la vita).
In occasione del centenario dell’Esposizione del Sempione, la mostra allestita presso la Galleria delle scienze dell’Università di Milano-Bicocca, La scienza, la città, la vita. Milano 1906: l’Esposizione internazionale del Sempione, si era proposta di documentare l’impresa del Traforo del Sempione e come essa si rispecchiava nelle mostre di carattere tecnologico, scientifico, sanitario e sociale dell’Esposizione del 1906.
Ambientata all’interno di una struttura in legno e corda rievocante la doppia galleria del Sempione e il Padiglione d’ingresso dell’Esposizione del 1906, la mostra prendeva avvio dai lavori del tunnel del Sempione per rievocare attraverso oggetti, fotografie, documenti grafici e film i temi e i padiglioni di carattere industriale e scientifico: i trasporti, il lavoro, l’elettrotecnica e la metrologia, l’igiene e la previdenza, per concludersi con una rievocazione del Padiglione dell’Acquario al Parco Sempione, che l’Esposizione lascia in eredità e a ricordo di sé alla città di Milano perché diventasse la sede di un laboratorio comunale di idrobiologia applicata.
Dal punto di vista cinematografico, la mostra presentava in collaborazione con la Fondazione Cineteca italiana spezzoni di film realizzati nel 1906 da Luca Comerio sulle ascensioni aerostatiche e le gare dei pompieri, come pure un prezioso documentario tedesco sulla costruzione delle locomotive. Sul piano della documentazione musicale, negli spazi della mostra era possibile ascoltare, specialmente musicati per l’occasione, l’Inno dei minatori e l’Inno dell’Esposizione.
Tra i principali oggetti esposti: la perforatrice Brandt; un’esemplare di automobile Isotta Fraschini; un motore da aeroplano Anzani utilizzato nel 1909 da Blériot nella trasvolata della Manica; una serie di pneumatici Pirelli e l’esemplare originale della bicicletta Bianchi usata nella prima Milano-Sanremo. Molti gli strumenti scientifici e industriali che questa mostra ha permesso di presentare per la prima volta al pubblico: dall’elettrometro dell’ingegner Jona utilizzato nel 1906 nel Padiglione Pirelli per esperimenti sulle altissime tensioni a lampade e segnalatori ferroviari del primo Novecento; dagli isolatori elettrici Richard-Ginori a una serie completa di calibri, compassi e strumenti da officina usati nelle fabbriche Falck di Sesto San Giovanni; dagli stampi dell’industria alimentare Lazzaroni agli strumenti di piscicoltura e di pesca risalenti all’originario Museo della pesca ospitato presso l’Acquario del Parco Sempione.
Tra le istituzioni scientifiche e culturali pubbliche e private che hanno collaborato alle ricerche e prestato oggetti e documenti alla mostra La scienza, la città, la vita: Acquario civico e Stazione idrobiologica di Milano; Archivio Falck, Sesto San Giovanni; Archivio storico civico-Biblioteca Trivulziana, Milano; Archivio storico dell’Associazione M. Lazzaroni, Saronno; Archivio storico dell’Ospedale Maggiore, Milano; Archivio storico Industrie Pirelli, Milano; Associazione ferromodellistica italiana, Milano; Biblioteca comunale Sormani, Milano; Biblioteca Nazionale Braidense, Milano; Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano; Civico Archivio fotografico, Milano; Collezione Caproni, Milano; Collezione Confalonieri-Crosti, Milano; Fondazione Cineteca italiana, Milano; Fondazione Fieramilano, Milano; Fondazione Isec, Sesto San Giovanni; Museo civico di storia naturale, Milano; Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Milano; Museo Richard-Ginori, Sesto Fiorentino; Politecnico di Milano; Società Umanitaria, Milano.


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