L’acqua e la sua vita. Cento anni di idrobiologia all’Acquario Civico di Milano

Sezioni della mostra

I. Esiste la vita in fondo al mare? Dai cavi sottomarini alle esplorazioni oceanografiche
Alla metà del XIX secolo la terra è quasi completamente esplorata. Scienza e tecnologia stanno rivoluzionando la vita degli uomini facendo sentire come una necessità l’esigenza di comunicare istantaneamente grazie al telegrafo.
Tuttavia del continente più vasto, il fondo dei mari, si ignora tutto o quasi: secondo la teoria allora dominante dell’oceanografo Edward Forbes (1815 – 1854) è piatto e privo di vita. Questo modo di vedere cambia dopo la metà dell’Ottocento grazie alla posa dei primi cavi telegrafici sottomarini, che a causa delle loro frequenti rotture vengono recuperati anche da grandi profondità ricoperti da concrezioni animali. C’è dunque vita in fondo al mare?
Per rispondere a questa domanda, un secolo dopo i viaggi di James Cook (1728-1779) e di Jean-François La Pérouse (1741-1788) e nel pieno dei dibattiti suscitati dalla teoria di Darwin, la nave Challenger intraprende alla fine del 1872 una crociera di tre anni e mezzo intorno al mondo percorrendo 68.900 miglia.
Inizialmente destinata alla rilevazione delle correnti oceaniche grazie alla collaborazione tra l’Ammiragliato e la Royal Society di Londra la spedizione della Challenger diventa una crociera di ricerca scientifica nel senso più ampio del termine. I suoi cinquanta volumi di osservazioni idrografiche, zoologiche, botaniche, geologiche inaugurano la moderna oceanografia fisica e biologica.


II. Abissi e teste coronate
L’ultimo ventennio dell’Ottocento vede nascere l’oceanografia come nuova disciplina di frontiera fra geofisica e biologia, con un proliferare di spedizioni sempre più mirate: da quelle francesi delle navi Travailleur (1880) e Talisman (1883) alle crociere nel Pacifico della russa Vitjaz (1886-1889), da quelle austro-ungariche della Pola nel Mediterraneo e nel Mar Rosso alla spedizione tedesca per lo studio del plancton nell’Atlantico, diretta dal fisiologo Viktor Hensen (1835 – 1924) sulla nave National, fino alle esplorazioni sulla fauna marina condotte dal 1883 al 1910 dalla nave Albatross della U. S. Commission of Fish and Fishers e dirette da naturalisti come Alexandre Agassiz (1835 – 1910), figlio dello zoologo svizzero Louis Agassiz (1807 – 1873).
Anche nell’Italia unitaria, dopo la spedizione attorno al mondo della corvetta Magenta con due naturalisti a bordo – Enrico Hyllier Giglioli (1845 – 1919) e Filippo De Filippi (1869 – 1938) – (1865 – 1868) si rinnovano le campagne di raccolte zoologiche da parte delle navi idrografiche della R. Marina Washington (1882 e 1884), Scilla (1890) e della corvetta Vittor Pisani nel suo viaggio intorno al mondo (1882-85), tutte finalizzate a rifornire la Stazione zoologica di Napoli, ma anche tutte senza scienziati a bordo.
Con il suo spirito di avventura e di scoperta, la passione per lo studio degli abissi oceanici contagia allora alcuni sovrani amanti della navigazione, trasformandoli in provetti studiosi di zoologia marina. Le numerose campagne di ricerca del principe di Monaco a bordo dell’Hirondelle I e II e della Princesse Alice I e II e del re del Portogallo sull’Amelia I e II sono di particolare importanza per la nascita di acquari-musei oceanografici a vocazione scientifica.


III. La corsa al Polo
Lo scopo delle spedizioni polari di fine Ottocento è essenzialmente esplorativo. Nondimeno, quella nel 1893 della nave Fram (Avanti), progettata per resistere alla pressione dei ghiacci dallo zoologo ed esploratore norvegese Fridtjof Nansen (1861 – 1930), è importante per i suoi contributi alla conoscenza del mar Glaciale Artico dal punto di vista geofisico e anche biologico. Allievo nel 1886 della Stazione zoologica fondata a Napoli da Anton Dohrn, Nansen parte da Oslo nel giugno del 1893 verso il Polo Nord.
Sei anni dopo, nel 1899, tenta di raggiungere il Polo Artico la spedizione italiana della Stella Polare guidata da Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi (1873 – 1933) e dal capitano di corvetta Umberto Cagni (1863 – 1932). D’intesa con l’Istituto idrografico della R. Marina, vengono effettuate operazioni di scandaglio e misurazioni sulle maree, magnetiche e di gravità. Della spedizione non fanno parte naturalisti, ma il medico Achille Cavalli Molinelli raccoglie resti di renna, esemplari di uccelli, molluschi e pesci che vanno ad arricchire le collezioni del Museo di zoologia di Torino.


IV. Mari tropicali: un’esplosione di vita
Dopo la crociera della Challenger, la più importante operazione di ricerca di fine Ottocento sulla fauna marina è la spedizione del piroscafo olandese Siboga nei mari malesi e australiani intorno alle Indie orientali olandesi di allora, oggi Indonesia: Sumatra, Giava, Celebes e Borneo.
Organizzata dalla Società scientifica olandese delle regioni tropicali e guidata dallo zoologo Wilhelm Carl Max Weber (1852-1937), collega all’Università di Amsterdam del pioniere della biologia genetica Hugo De Vries (1848 – 1935), la Siboga-expeditie permette di interpretare in modo nuovo i problemi della distribuzione degli animali marini tropicali alla luce della teoria evoluzionista di Charles Darwin (1809 – 1882) e di Alfred Russel Wallace (1823 – 1913).
Tra i sei naturalisti imbarcati, anche Anna Van Bosse Weber, botanico e moglie del capospedizione, la prima donna a partecipare a una campagna oceanografica.


V. Nave posacavi Città di Milano
“Un gran numero di naturalisti studia attualmente la vita nelle grandi profondità, svelandoci ogni giorno nuovi misteri e nuovi prodigi della natura. È uno dei grandi meriti della industria dei cavi sottomarini di avere dato un grande impulso a queste ricerche; è pure questa industria che maggiormente contribuì o spronò allo studio della configurazione dei cavi sottomarini, creando così una nuova scienza.”

Emanuele Jona, Cavi telegrafici sottomarini, Milano, Hoepli, 1896, p. 14.


VI. Fondali marini tra immagini e immaginario
A metà dell’Ottocento i mari, gli oceani, i grandi fondali sono un nuovo spazio aperto alla conoscenza e al sogno. L’intervento umano a grandi profondità è ormai una realtà industriale grazie alla posa dei cavi telegrafici e le Esposizioni universali, a partire da quella di Parigi del 1867, mettono in scena grandi acquari di stile naturalistico e spettacolari immersioni di palombari.
L’enorme successo di lettori e di imitazioni ottenuto dal romanzo di Jules Verne (1828 – 1905) Ventimila leghe sotto i mari (1869) rispecchia il fascino che la vita abissale e la tecnologia di acquari e scafandri esercitano sui contemporanei. Ma la vera sfida investe la conoscenza della vita dell’acqua: “le acque dolci e le acque salate brulicano di innumerevoli legioni di esseri mobilissimi, le cui dimensioni sono tanto minute che non si possono apprezzare ad occhio nudo. Questi infinitamente piccoli sono sparsi a milioni e miliardi nel profondo delle acque”.
Louis Figuier, La vita e i costumi degli animali. I molluschi e i zoofiti, Milano, F.lli Treves, 1872, p. 118.


VII. Laboratori dell’acqua
Alla conquista tecnica dei fondali, all’esplorazione oceanografica e allo spettacolo degli acquari si accompagna la mobilitazione dei naturalisti rivolta a istituire laboratori stabili dotati di acquari per lo studio degli animali marini e di acqua dolce. La prima e la più importante, nel Mediterraneo, è la Stazione zoologica di Napoli creata dal naturalista di Stettino Anton Dohrn (1840 – 1909). Questa istituzione privata di ricerca a vocazione internazionale e completamente autonoma dall’università diviene a fine Ottocento la culla di una nuova biologia sperimentale.
Ma nell’epoca in cui il treno permette di rifornire rapidamente le grandi città di pesce fresco, l’acqua dei mari, dei fiumi e dei laghi si rivela un patrimonio di risorse alimentari da sfruttare. In Italia, un paese con migliaia di chilometri di coste, l’industria ittica e la piscicoltura sono in netto ritardo rispetto al resto dell’Europa. In Lombardia, dove la pesca nei fiumi e nei laghi è da sempre una risorsa importante, si registrano gravi epidemie tra le specie ittiche e un ’inquinamento delle acque a causa dall’industrializzazione. È questa situazione di ritardo e di crisi dell’industria italiana e lombarda della pesca che vuole affrontare la Stazione di biologia e idrobiologia applicata fondata dal Comune di Milano nel 1908 presso il nuovo Acquario di Milano.


VIII. Dalla meraviglia alla scienza: l’idrobiologia applicata
Nata per festeggiare il Traforo ferroviario del Sempione, l’Esposizione internazionale di Milano del 1906, ospita per la prima volta in Italia una mostra internazionale sulla pesca e la piscicoltura e realizza l’idea di costruire al Parco il primo grande Acquario pubblico italiano, di acqua dolce e di mare.
Realizzato su progetto dell’architetto Sebastiano Locati (1861- 1939) e donato nel 1908 al Comune di Milano, l’Acquario diviene sede di una nuova istituzione comunale di ricerca biologica applicata, facente parte del Museo civico di storia naturale di Milano, ma con una specifica finalità applicativa nel campo della piscicoltura d’acqua dolce: la Stazione di biologia e idrobiologia applicata di Milano.
“L’importanza industriale della pesca e dell’acquicoltura, e scientifica dell’ittiologia, dell’oceanografia, dell’idrobiologia, che delle prime formano la base e la guida, non poteva sfuggire agli ordinatori dell’Esposizione internazionale di Milano del 1906, indetta a celebrare col Traforo del Sempione, il nuovo e vigoroso impulso dato ai Commerci dall’apertura di una via più breve fra le nostre coste, i nostri laghi ed il centro del Continente Europeo. La pesca, i sistemi ed i risultati della coltivazione delle acque trovano così il loro posto accanto alle mostre dei trasporti per terra e per acqua ed a quella dell’Agricoltura”.
Esposizione internazionale di Milano, Catalogo ufficiale della Sezione Pesca e Acquicoltura, p. 5.

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