Antonio Stoppani scienziato, viaggiatore, educatore

Sezioni della mostra

I. Album biografico
La vita di Antonio Stoppani si svolge all’insegna di tre vocazioni fondamentali: la vocazione per lo studio della natura, la vocazione religiosa e quella patriottica. Nato nel 1824 in una famiglia profondamente cattolica di agiati commercianti lecchesi, compì gli studi in seminario coltivando allo stesso tempo la passione per il collezionismo naturalistico. Nel 1848 egli era a Milano, per completare la propria formazione teologica, e quando scoppiò l’insurrezione delle Cinque giornate contro l’occupazione austriaca, vi partecipò in prima persona. Fu ordinato sacerdote e celebrò la sua prima messa in quello stesso anno. Del suo ardente patriottismo diede prova ancora vent’anni dopo, arruolandosi allo scoppio della terza guerra di indipendenza come infermiere volontario nel servizio di assistenza ai feriti.
Fino all’età di trent’anni, la giovinezza di Stoppani è contrassegnata oltre che dalla scelta del sacerdozio da un’intensa produzione scientifica come ricercatore autodidatta in paleontologia e geologia. I suoi Studii geologici e paleontologici della Lombardia (1857) e la sua Paléontologie lombarde (1858-81) lo fecero apprezzare in tutt’Europa come il “creatore della paleontologia lombarda” (P. Buzzoni, Studii sulla Lombardia, “La Cronaca di scienze, lettere, arti, economia, industria”, 4, fasc. 24, 1858, p. 103).
Con l’avvento dell’Unità italiana, la sua opera di scienziato fu preminentemente dedicata all’insegnamento universitario, dapprima a Pavia, dove ricoprì per un anno la prima cattedra straordinaria di Geologia, e a Milano, dove fu professore di Geodesia e mineralogia nel prestigioso R. Istituto tecnico superiore, dal quale si allontanò solo per alcuni anni, dal 1878 al 1883, durante i quali si trasferì a insegnare all’Istituto di studi superiori di Firenze. Frutto di questa esperienza è il suo Corso di Geologia (3 vol. 1871-73) in cui Stoppani offriva un’organica trattazione delle scienze della terra. Vi esplicitava anche il suo dissenso rispetto all’evoluzionismo darwiniano, allora oggetto di un acceso dibattito scientifico e religioso. Per Giovanni Canestrini, il traduttore nel 1864 dell’Origine delle specie, l’autore del Corso era da considerarsi uno dei più strenui oppositori della teoria evoluzionista. Nondimeno è un fatto che Stoppani non smise mai di godere della più alta stima in seno alla comunità scientifica italiana: “in lui – scriveva Mantegazza – al disopra del sacerdote del Dio di Nazaret sta il sacerdote di quell’eterna divinità che chiamasi scienza” (P. Mantegazza, Rivista scientifica, “Nuova Antologia”, 19, 1872, pp. 204-s.)
Parallelamente agli studi di geologia e paleontologia promosse fin dagli anni sessanta lo studio dell’etnografia e della paletnologia, varando con Edouard Desor e Gabriel de Mortillet un’esplorazione sistematica dei laghi lombardi finalizzata alla ricerca di insediamenti preistorici. A questi interessi di scienza pura si affiancò il suo impegno nel campo della geologia applicata, che lo vide prodigarsi per l’esecuzione della carta geologica del Regno d’Italia e come consulente in materie e progetti di carattere idrologico, minerario o ferroviario, in particolare riguardo alla nuova linea del Gottardo.
I suoi meriti di naturalista e le sue doti di divulgatore e organizzatore scientifico gli valsero nel 1883 di essere chiamato dal comune di Milano a dirigere il Museo civico di storia naturale con cui Stoppani aveva iniziato a collaborare fin dal 1863, e che egli ingrandì e rilanciò: la sua grandiosa sede attuale fu realizzata su suo progetto. Unitamente alla direzione del Museo di storia naturale Stoppani fu eletto presidente della Società italiana di scienze naturali, di cui era stato tra i primi fondatori a Milano nel 1856. Dal 1882 era presidente anche della neonata Società geologica italiana, creata nel 1881.
Nel corso degli anni settanta la produzione di Stoppani registra una nuova fase, improntata alla divulgazione scientifica. Dopo un importante libro di conferenze scientifiche popolari, La purezza del mare e dell’atmosfera fin dai primordi del mondo abitato (1875), pubblicato dall’editore Hoepli e riedito con il titolo Acqua ed aria, apparve la sua più famosa opera divulgativa: Il bel Paese, pubblicato nel 1876 presso la casa editrice milanese Agnelli e premiato dall’Istituto lombardo di scienze e lettere, un’opera molto popolare che illustrando la costituzione fisica della Penisola e le sue bellezze naturali contribuì non poco al diffondersi di una coscienza nazionale.
Grazie a questa attività di divulgatore e anche di pubblicista impegnato a perorare l’armonia tra la scienza e la fede, in un’epoca in cui la cultura dominante parlava della scienza come antidoto alla metafisica e alla religione, l’abate Stoppani divenne a Milano “una delle figure più caratteristiche e più popolari” (“L’Illustrazione italiana”, 11 gennaio 1891, p. 18). Né si possono sottovalutare i suoi meriti nella diffusione dell’alpinismo. Lo attesta la sua elezione nel 1874 a primo presidente della sezione di Milano del Club Alpino Italiano. Per un geologo di campagna quale egli era, abituato a considerare le escursioni parte integrante della ricerca, l’alpinismo significava non tanto uno sport fine a se stesso, ma il modo migliore per poter osservare e conoscere la natura.
Stoppani ha inciso sulla cultura italiana di fine Ottocento anche sotto l’aspetto della politica e dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Assertore da sempre di un cattolicesimo liberale e della composizione del conflitto che l’annessione di Roma aveva scatenato tra il papato e il Regno d’Italia, si batté con ogni mezzo per evitare che la Chiesa condannasse il pensiero spiritualista di Rosmini, di cui Stoppani era un seguace e che ai suoi occhi rappresentava l'”anello di unione” fra fede e scienza, fra cattolicesimo e liberalismo, tra la Chiesa e lo Stato (A. Stoppani, Ragioni del periodico, “Il Rosmini”, I, 1 gennaio 1887, p. 41).
Da Il dogma e le scienze positive, ossia la missione apologetica del clero (1884) al libro Gl’Intransigenti alla stregua dei fatti vecchi, nuovi e nuovissimi (1886), fino alla fondazione nel 1887 di un periodico intitolato Il Rosmini (che fu a sua volta messo all’Indice), gli ultimi anni della sua vita furono segnati un crescendo di polemiche, accuse e umiliazioni che lo lasciarono prostrato. L’ultima sua fatica fu l’Exemeron (1893), un trattato lasciato incompiuto di moderna esegesi del racconto biblico della creazione.


II. Stoppani scienziato
“L’amore alla scienza e la competenza erano tali nello Stoppani, che nelle località da lui esplorate non rimaneva più alcun fossile: sicché i geologi stranieri designavano e designano tuttavia come Stoppanisés i luoghi fossiliferi spogliati dallo Stoppani” (A.M. Cornelio, Vita di Antonio Stoppani, Torino, Utet, 1898, p. 58). Così il nipote Angelo Maria Cornelio descrive la passione per le scienze naturali di Antonio Stoppani, passione emersa fin dalle prime gite naturalistiche effettuate a partire dagli anni quaranta.
Nel corso del decennio successivo, le escursioni scientifiche nelle valli bergamasche e bresciane, oltre che nella sua Valsassina, permettono a Stoppani di affinare il metodo di osservazione e di raccolta dei dati e di mettere insieme il ricco materiale per l’opera monografica che dà avvio alla sua carriera. Gli Studii geologici e paleontologici della Lombardia (1857), infatti, permettono a Stoppani di affermarsi come scienziato autorevole e di entrare in contatto con i nomi più illustri del panorama scientifico milanese, in particolare Emilio Cornalia, futuro direttore del Museo civico di storia naturale della città ambrosiana.
Con quest’opera, Stoppani colmava una grave lacuna conoscitiva che caratterizza il suolo lombardo rispetto allo straordinario sviluppo degli studi stratigrafici verificatosi nel resto d’Europa. Ma è con la Paléontologie lombarde (1858-65) che il nome di Stoppani valica le frontiere nazionali e la sua opera viene citata, tra gli altri, dal grande geologo viennese Eduard Suess. Stoppani, infatti, è mosso dalla consapevolezza della necessità di reinserire la scienza italiana nel contesto internazionale restituendo alla geologia una dignità che in Italia non le era riconosciuta. Redatta in francese per garantirne una maggiore diffusione e corredata da numerose tavole illustrative, la Paléontologie documenta le paleofaune, ancora sconosciute, delle rocce lombarde mettendole in rapporto con particolari terreni.
Uno dei contributi più rilevanti offerti da Stoppani alle scienze della Terra rimangono però le sue Note ad un corso annuale di geologia, composte ad uso degli studenti del R. Istituto tecnico superiore di Milano tra il 1865 e il 1870 e ripubblicate come Corso di geologia tra il 1871 e il 1873. Si tratta del primo moderno manuale italiano dedicato alla geologia; a giudizio del senatore Gaetano Negri, il “principe di tutti i trattati di geologia generale oggi esistenti” cui va riconosciuto il merito di aver reso “quasi popolare” questa disciplina (Cornelio, cit., p. 121). Nel Corso Stoppani interpreta i concetti essenziali della disciplina in chiave uniformista soffermandosi su alcuni temi cui dedicherà in seguito alcune importanti opere divulgative, come quello dell’equilibrio che il ciclo idrogeologico conferisce al sistema naturale, idea su cui pochi anni più tardi si incentreranno le conferenze scientifiche raccolte nel libro Acqua ed aria (1876), e l’illustrazione dei fenomeni vulcanici, cui dedicherà Che cosa è un vulcano (1886).
Nel 1881 esce il suo trattato L’Era neozoica, dedicato al periodo glaciale e, più in generale, all’epoca terziaria e quaternaria in Italia, in cui Stoppani replica alle dure critiche rivolte alle sue ipotesi sull’esistenza di un antico “mare glaciale a’ piedi delle Alpi”. Basandosi in primo luogo sui suoi studi relativi all’anfiteatro morenico del lago di Como, Stoppani sostiene che nel corso dell’epoca glaciale il mare giungeva fino al cuore delle Alpi, ai confini della pianura piemontese e lombarda. Lodata da studiosi di primo piano come Gabriel de Mortillet e Archibald Geikie, L’Era neozoica è anche l’ultimo contributo originale di ricerca prodotto da Antonio Stoppani. Nel corso degli anni ottanta, assorbito quasi del tutto dai problemi connessi alla questione rosminiana e al conflitto tra la Chiesa e lo Stato, la sua produzione di carattere scientifico si limita ad alcuni scritti di divulgazione.
Questa sezione della mostra documenta il contributo scientifico di Antonio Stoppani alla cultura italiana del secondo Ottocento. Attraverso i documenti conservati a Milano e a Lecco, infatti, è possibile ricostruire il suo metodo di ricerca, basato in primo luogo sulla raccolta di dati geologici e paleontologici durante le escursioni scientifiche. Con ogni probabilità tali escursioni erano effettuate spesso in compagnia di allievi, colleghi o artisti cui faceva eseguire schizzi e disegni che poi utilizzava per studio e per la realizzazione di incisioni destinate alle sue opere. Le immagini permettono anche di ripercorrere l’evoluzione degli interessi di Stoppani, che dopo essersi inizialmente concentrati sullo studio stratigrafico e paleontologico del territorio lombardo approdano a un’attenzione crescente per la didattica e la divulgazione passando attraverso esperienze di geologia applicata e ricerche sull’epoca glaciale in Italia.


III. Stoppani educatore
Nella sua opera divulgativa più nota, Il Bel Paese, Stoppani non si propose semplicemente di presentare ai giovani e alle classi popolari, in forma attraente e comprensibile, lo svolgersi dei fenomeni naturali della penisola italiana nella loro immensa varietà e ricchezza, ma volle anche, meglio soprattutto, assumere le vesti dell’educatore e dell’animatore, con lo scopo di assuefare i giovani sia alla conoscenza e all’amore per l’Italia, sia all’osservazione della natura, allo stupore di fronte al bello delle piccole e delle grandi cose e a un tipo di ammirazione non astratto né teorico, ma animato, fattivo, educativo e reale. Egli mirò inoltre a sospingere quegli stessi giovani alla vita all’aperto, in particolare in montagna, stimolandoli a compiere gite nel corso delle quali collezionare e classificare, rimanendo estatici di fronte all’immensità e alla complessità della natura, e riverendo il Creatore.
Stoppani era inoltre convinto che l’osservazione, la raccolta e la descrizione delle grandi e delle piccole manifestazioni naturali fosse un’attività alla quale chiunque potesse avvicinarsi con profitto, ricavandone dignità e gioia. Di qui la decisione di corredare il Bel Paese con immagini che, come vedremo, non sollecitano tanto la ricerca scientifica, quanto piuttosto il duplice apprezzamento di ampi paesaggi da un lato e di infiniti, minuscoli oggetti naturali dall’altro: una scelta che invita il lettore a muovere senza sosta lo sguardo, passando dai piccoli animali e vegetali ai grandi panorami geologici e fisici e viceversa, in un continuo andirivieni dagli uni agli altri, sino a modificare profondamente il proprio modo di guardare gli oggetti naturali, sia singolarmente, sia nei loro reciproci rapporti, ed a espandere di conseguenza la propria visione del mondo.
In nessun caso l’obiettivo di Stoppani è quello di accrescere il prestigio della scienza, ma sempre e soltanto quello di mostrare le bellezze della natura, sospingendo il lettore a investigarle e a esplorarle per conoscerle, come per altro recita il sottotitolo del volume: Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia. Prevale decisamente nelle immagini del Bel Paese il lato non accademico di Stoppani che, come è noto, si era avvicinato alla natura da autodidatta, fin bambino, raccogliendo, come egli stesso raccontava, “sassolini” nella più totale indifferenza della famiglia.
Il testo, uscito per la prima volta nel 1876 e accresciuto di cinque nuovi capitoli o “serate” nella III edizione, apparsa nel 1881, si diffuse attraverso centinaia di ristampe dell’edizione economica del 1889 rivolta alle scuole e ufficialmente adottata in quello stesso anno dal ministero della Pubblica Istruzione, edizione che si distingue per un apparato iconografico estremamente ridotto, costituito da fotografie di qualità modesta e di scarsa resa dal punto di vista estetico-naturalistico.

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